Banche, senza la professionalità aumentano le sofferenze.

I fatti che stanno caratterizzando gli aumenti di sofferenze bancarie dimostrano che società, valutate eccellenti da esperti nell’attribuzione dei rating, all’improvviso vanno in default, creando dissesti a catena. E allora… Il commento di Riccardo Pedrizzi

“Da quando i direttori di agenzie bancarie o i dirigenti di primo livello hanno meno autonomia nell’erogare credito, paradossalmente le sofferenze bancarie sono aumentate. Anzi, noi sappiamo bene che 200 aziende in Italia avevano prodotto, fino a due anni fa l’80% delle sofferenze bancarie. Quindi è evidente che c’è stato il cosiddetto effetto boomerang con la diminuzione della autonomia ai direttori e il maggior peso dato agli algoritmi”, ha dichiarato Lando Maria Sileoni, il segretario generale delle Fabi, il sindacato più rappresentativo dei dipendenti bancari, nel corso di una tavola rotonda sull’intelligenza artificiale al 128° Consiglio nazionale della Fabi, svoltosi nei giorni scorsi.

La causa è legata ai demansionamenti e alle esternalizzazioni, ma, soprattutto, ai sistemi di valutazione del rischio creditizio, basato sui rating e sui sistemi di valutazione cosiddetti esperti. L’Italia entrò nel novero dei cinque, sei Paesi più industrializzati del pianeta e realizzò il cosiddetto miracolo economico perché alcuni dirigenti di banca credettero più alle idee ed ai progetti di coraggiosi imprenditori che alle scarse garanzie che essi potevano offrire.

In quei tempi accrescere la professionalità dei bancari, in genere, e dei funzionari, in particolare, significava per il sistema creditizio investire molto in formazione. Le banche, infatti, puntarono sulla professionalità del personale, perché erano consapevoli che ad esso era affidata una missione straordinaria: quella di sostenere lo sviluppo del sistema Italia. Allora, mi riferisco a trenta, quaranta anni fa, il termine professionalità, per un bancario, presupponeva la conoscenza delle dinamiche del credito, i criteri di affidabilità, l’attenzione al territorio ed ai settori economici che lo caratterizzavano. Voleva dire approfondita conoscenza dei propri clienti, significava, talvolta, saper prendere decisioni difficili, utilizzando discrezionalità, assumendosene le relative responsabilità e rischiando personalmente.

Chi scrive lo ha fatto spesso non dormendo intere notti per consentire a validi imprenditori di spiccare il volo e prendere il largo, incrementando produzioni ed iniziative intelligenti. La discrezionalità di cui parlo non era intesa né come esercizio di un potere né come “inconsapevolezza”, ma come la capacità di valutare il merito del credito, sapendo guardare anche oltre le carte ed i documenti. L’intuitus personae, spesso, valeva più di chili di documenti cartacei e di certificati.

I fatti che stanno caratterizzando gli aumenti di sofferenze bancarie dimostrano che società, valutate eccellenti da esperti nell’attribuzione dei rating, all’improvviso vanno in default, creando dissesti a catena. In effetti, i criteri introdotti dai principi cosiddetti di Basilea rappresentano, in effetti, un vincolo nel valutare il merito creditizio. In realtà, nulla vieterebbe di utilizzare gli asettici sistemi di rating, unitamente alle valutazioni di tipo tradizionale basate sulla conoscenza diretta della propria clientela. Tutt’altro. Si tratterebbe di avere un supporto in più (il rating), senza escluderne altri (l’esperienza e la conoscenza diretta).

Di queste possibilità peraltro si avvalgono già quelle banche che vengono definite di prossimità, quelle cioè che per loro natura hanno un rapporto stretto con il territorio, ovvero le banche locali (Bcc e Popolari). È del resto tale metodologia di lavoro che consente a questo segmento del sistema bancario di svolgere, nella presente congiuntura, un ruolo di supporto all’economia più spinto rispetto a quello di banche che hanno iniziato a stringere i cordoni della borsa perché condizionate proprio delle normative europee